Le cattive abitudini sono dure a morire.

Laelash - 5342

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    Arline Mariel ~ Abitante di Taémpora ~ Mutaforma
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    Le suole degli stivaletti sformati scricchiolavano al contatto con le foglie d’acero ormai morte che disseminate per le strade periferiche della grande metropoli. Si fece ancora più piccola sotto il parka ben imbottito, più grande di una o due taglie in modo che la pelliccia che ne rivestiva i bordi donasse un po’ di calore anche alle gambe deboli. Affondò il viso nel pelo e fece tesoro del tepore che le regalò, sempre troppo poco in quel periodo dell’anno.
    Stava davvero di schifo. Si era pentita già giorni fa di non aver iniziato prima a raccogliere provviste per l’inverno, di aver preferito bearsi dei riscaldamenti che era riuscita miracolosamente a far funzionare in quella villa una volta lussuosa che era la sua attuale abitazione. Si era ritrovata a dover tirar fuori scoiattoli – o almeno pensava lo fossero – dalle loro stesse tane, una cosa che nonostante il suo chiaro bisogno di cibo le sembrava sbagliata. Se avesse avuto tempo e abbastanza forze per sentirsi in pena per loro, forse l’avrebbe fatto.
    Ma più del cibo, più del calore, necessari per mantenerla in vita, lei aveva bisogno di medicine. Antidolorifici, per essere più specifici. I suoi cari, unici amici ormai. L’ultima pillola aveva già lasciato il suo corpo più di una settimana fa, e Arline si sentiva nelle ossa che la prossima crisi l’avrebbe polverizzata, se non si fosse sbrigata. Buffo pensare come questo, come dire, ‘ritorno di fiamma’ fosse stato causato proprio dal bisogno di medicine, neanche un mese fa. L’assenza di tasche da svuotare nelle immediate vicinanze l’aveva costretta a rubarle, e per farlo aveva dovuto necessariamente prendere in prestito un’altra faccia, un altro corpo, un’altra sé. Non lo faceva da troppo tempo. Solo riuscire a tornare a casa le era costato più di quanto avesse mai sofferto anche nel più grave degli episodi di convulsioni.
    Quella volta si era trattato di un pesce piccolo, una città decisamente meno importante e soprattutto meno sorvegliata della capitale cinese. Questa mattina non poteva rischiare.
    Una volta raggiunta una via un po’ più larga, dove qualche negozio iniziava già a fare capolino, si mosse a zig zag tra i passanti tenuti in catene dai loro dispositivi elettronici, e si infilò distrattamente in un vicolo. Non esisteva migliore filtro di percezione dell’indifferenza quasi patologica dell’abitante medio di Laelash.
    Acquattata e al riparo dal vento fresco che le sferzava il volto, doveva solo aspettare. Sperava solo di poter trovare un portafogli abbastanza pieno prima del tramonto.
    Stato fisico: debole, affamata; Stato mentale: concentrata;
    Abilità attiva: --- lvl ---; Skill in uso: ---
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    Potrebbe presentarsi un problema con la scrollbar, Chrome fa i capricci e a volte me la sposta a destra, non sfasa niente ma è brutto a vedersi insomma. Spero capiti il meno possibile, dovrebbe risolversi aggiornando la pagina >>
     
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    Naomi Zhang ~ Abitante di Taémpora ~ Metalbender
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    Giornata freddina, eh?
    Borbottando qualcosa di incomprensibile, probabilmente imprecazioni contro quella temperatura così bassa, Naomi Zhang scese dalla ringhiera sulla quale era stata appollaiata con grazia, notando con estremo piacere che le cose in città non cambiavano mai. Ci sarebbe potuta essere una invasione in quel momento, ma la maggior parte dei cittadini non se ne sarebbero accorti se non nel momento in cui fosse stato comunicato in diretta dalle alte cariche.
    La tecnologia sapeva essere un’arma a doppio taglio davvero affascinante, si ritrovò a considerare passeggiando tranquillamente tra quel fiumare di persone. Pochi erano quelli che distoglievano lo sguardo dalla loro realtà virtuale e solitamente secondo le esperienze di Nao quelle persone potevano rientrare in tre categorie. Un sorriso tirato si disegnò sulle sue labbra mentre voltava l’angolo venendo investita in pieno da una corrente d’aria fredda. Odiava quelle temperature così basse, le odiava!
    Affondando il volto della sciarpa verde scuro che portava al collo si ripromise di comprare qualcosa di più pesante da mettere addosso e riscaldare le sue povere vecchie ossa. Certo, detto da una ragazza di ventidue anni suonava davvero ridicolo, però Nao tendeva a non fare caso più di tanto alle proprie pessime battute. Come ogni difetto in lei riusciva a ribaltarlo e renderlo anzi un punto a suo favore, una caratteristica unica e irripetibile. Una volta giunta all’ombra del grande portico che segnava l’inizio della zona commerciale controllò ancora una volta il proprio borsellino. Una smorfia irritata le si dipinse in volto quando notò - era già la terza volta quel giorno - quanto fosse vuoto e leggero, indizio inequivocabile del fatto che fosse giunta l’ora di cercare un lavoro o di chiedere in prestito qualche moneta da qualche bel portafoglio rigonfio di qualche funzionario.
    Ahhhh, casa dolce casa. Ghignando, più che sorridendo, infilò le mani in tasca e riprese a camminare, gli occhi scuri assottigliati nella concentrazione di cercare una vittima o un cliente perfetti.
    « It’s not so bad to play Goddess.»
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    Edited by ¬maxxx - 23/12/2013, 17:07
     
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    Alitò sui palmi delle sue mani per tentare di riscaldarle, mentre osservava il via vai che caratterizzava le vie commerciali di Laelash – non che avesse avuto così tante esperienze da poter paragonare quella città a qualsiasi altra. Un po’ per evitare di disperdere il calore che si era guadagnata con così tanti sforzi, un po’ perché non aveva ancora individuato nessuno di minimamente appetibile, rimase immobile per quello che le sembrarono dieci minuti scarsi.
    Poi, una fitta al braccio. Talmente improvvisa da lasciarla annaspante, alla ricerca di quell’aria che pareva non voler riempire di proposito i suoi polmoni. Afferrò l’arto destro freneticamente all’altezza del gomito, avvicinandolo al fianco con la mano sinistra e digrignando i denti per il dolore. No. Non adesso. Era troppo presto.
    ‘Cazzo’, imprecò mentalmente. Non aveva senso, pensava di essere a posto per almeno altri due giorni. Riuscì a riprendere abbastanza ossigeno solo per farsi scappare un sigulto, colpa delle lacrime che avevano iniziato a farsi strada sulle guance appassite, e con un colpo di reni che le costò uno sforzo immane riuscì in qualche modo a reggersi sulle sue gambe. Doveva uscire da quel vicolo. Uscire e trovare un pollo da spennare, uno qualsiasi, non importava. Non voleva soffrire. Non voleva sperimentare nuovamente quel dolore. Sapeva che non ne sarebbe sopravvissuta.
    Aveva bisogno di soldi.
    Trascinandosi fuori dal vicolo e immettendosi nuovamente nella strada trafficata, accompagnata dal dolore sordo che dai muscoli del braccio ormai rattrappiti stava raggiungendo la mano corrispondente, si guardò intorno. Chiunque. Ormai non aveva in mente altro se non le medicine che l’avrebbero portata via da quell’inferno. Una volta nelle sue mani, nel suo organismo, avrebbe avuto la concentrazione necessaria per sistemare ciò che in lei si era rotto. Continuare a vivere per un altro po’. Aveva fatto una promessa d’altronde, no?
    Una ragazza, c’era una ragazza davanti a lei. La vista di Arline era appannata dal dolore, quindi non riuscì neanche a vederla bene in faccia. Ma notò che era magra, molto magra, sembrava debole. Forse tanto quanto lei. Per una volta era sullo stesso livello della sua vittima, e la cosa la rincuorò anche se solo in parte.
    Avvicinandosi a lei, pensò rapidamente ad un modo per arrivarle addosso. La debolezza nelle sue gambe fece il lavoro sporco al posto suo, e nonostante la sorpresa la ragazza riuscì a cogliere la palla al balzo, almeno inizialmente: se fosse riuscita a scontrarsi con la sconosciuta, avrebbe avuto un’occasione per infilarle la mano nella tasca del giubbotto, e arraffare quello che poteva con l’unica mano funzionante che aveva.
    Stato fisico: debole, braccio destro inutilizzabile; Stato mentale: panico;
    Abilità attiva: --- lvl ---; Skill in uso: ---
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    Edited by Naeli • - 23/12/2013, 23:23
     
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    In lontananza le parve di scorgere il vecchio Song. Quante volte era riuscita a strappargli un contratto di contrabbando di merce di varia natura e pericolosità? Fece per muovere qualche passo verso di lui, salvo poi notare con più attenzione che i passanti intorno a lui non erano altro che delle guardie del corpo, ben mimetizzate certo ma un gruppo alto sopra il metro e ottanta intorno ad un noto trafficante difficilmente riesce a passare inosservato. Imprecò sottovoce voltandosi dalla parte opposta per non farsi riconoscere, fortunatamente il loro ultimo incontro risaliva al periodo in cui stava ancora nel gruppo di Watt e gli altri, quindi difficilmente avrebbe associato quella figura alta e spigolosa alla ragazzina di più di due anni prima, più rotonda e bassa.
    Non appena si accertò che fosse passato tornò a voltarsi in direzione della zona commerciale, fingendo di stare osservando una vetrina di gioielli costosi. Con uno di quelli ci avrebbe potuto mangiare un mese, ma preferiva rimandarne i furti più che poteva. Data la natura del proprio potere era infatti la maggiore indiziata in casi del genere.
    Sbuffando si passò una mano sulla nuca, tra i corti capelli scuri arruffandoli ancora di più. Odiava aspettare e dover fare le ronde per trovare contratti decenti, ma le toccava se voleva riuscire a reclutare qualcuno nella propria organizzazione - attuali membri: lei stessa - o mettere qualcosa sotto i denti entro la prossima settimana.
    “Fanculo.” pensò quindi incamminandosi in mezzo alla via trafficata. Non fece però neanche tre passi che si ritrovò una figura addosso con violenza. L’istinto più che la ragione agirono per lei: non appena sentì il corpo della persona contro il proprio si allontanò con un mezzo balzo all’indietro e fece per afferrarle il braccio sinistro in modo da non permetterle di scappare. A quel punto alzò all’altezza degli occhi il braccio destro, mettendo in bella vista la lente rossa, saldamente attaccata alla mano con varie cinghie, pronta ad attaccare al minimo sentore di pericolo.
    Ovviamente nessuno stimolo arrivò.
    Di fronte a lei non c’era un malintenzionato pronto a farle la pelle, ma bensì una ragazzina praticamente moribonda e dall’aria non molto lucida. Le sopracciglia si corrugarono confuse mentre abbandonava la sua posa difensiva lentamente e ed esprimeva la sua sorpresa in tutta la grazia con cui era consona farlo.
    - Ma che cazz..-
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    Arline Mariel ~ Abitante di Taémpora ~ Mutaforma
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    Un’Arline in forma avrebbe previsto con facilità un finale del genere. La ragazza che aveva adocchiato non era come le sue solite prede, quei passanti in abiti eleganti e del tutto assorbiti da chissà quale news politica stessero leggendo online; era sveglia, era attenta, era concentrata. Era furba.
    Ed era apparentemente anche sempre pronta allo scontro.
    Arline osservò la lente rossa che la sconosciuta le puntò al volto con sguardo insistente, e cercò di avvicinare l’avambraccio verso di sé per divincolarsi dalla presa dell’altra. Era in trappola, ci era finita da sola, ma non aveva intenzione di affrontarne le conseguenze. Non ne aveva letteralmente la forza. Una scossa lungo il suo braccio destro, quello ormai inerme e penzolante lungo il fianco, le fece però tornare alla mente il perché di quell’assalto improvviso: soldi. Decise di non trattenersi, e di reagire al rinnovato dolore con quanta più enfasi possibile. Non stava recitando, d’altronde. La sofferenza era reale, troppo reale.
    Fece anch’essa un passo indietro, dopo che l’altra ragazza abbassò il braccio per così dire armato. Ansimava, e le lacrime tornarono a farsi vive agli angoli degli occhi, come a rispondere all’occhiata confusa della sconosciuta.
    – M-Mi servono solo dei soldi. Medicine. 15 Lumie. E vado. –, le rispose, in inglese, sputando le parole come se fossero chiodi ardenti sulla sua lingua: e in un certo senso lo erano. Una volta finita in quella situazione, sperava solo che spremerla quanto più possibile fosse abbastanza. Cosa la tratteneva? Il dolore era troppo e il tempo troppo poco. Se fosse scappata probabilmente si sarebbe ritrovata quella strana lente rossa puntata alle spalle, e non voleva rischiare di morire senza neanche sapere cosa l’avesse colpita. Non aveva proprio nient’altro da perdere.
    Soffocò un urlo quando anche l’altro braccio iniziò a cedere, e sentì la pelle intorno alla stretta dell’altra quasi bruciare. In un gesto dettato da cieco dolore cercò di liberarsi dalla sua presa, nel tentativo di trovare un appoggio stabile nel muro che si stagliava alla loro sinistra. Anche a costo tirare l’altra con sé.
    Stato fisico: braccio dx k.o., sx inizia a cedere; Stato mentale: disperata;
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    Era come tenere sotto scacco di un cucciolo inerme si ritrovò a considerare Nao, continuando a stringere la presa sul braccio della ragazza. Per nulla appagante, anzi si sentiva quasi in colpa per aver reagito in quel modo.
    Tutto in quella straniera le faceva pensare che fosse una specie di mendicante, a cominciare dal suo stato fisico apparentemente disastrato. Qualcosa nei suoi occhi scuri però, come una scintilla di vita, parve attrarre la ragazza. Normalmente avrebbe mutilato senza pensarci due volte uno di quei ladruncoli tanto stupidi da credere di essere in grado di derubarla - lei, cresciuta insieme ad un gruppo di mercenari! - ma stavolta qualcosa nella giovane che aveva di fronte la fece desistere da quegli intenti bellicosi, facendole assumere anzi un’aria remissiva e particolarmente preoccupata.
    Ecco che c’eravamo di nuovo, lei e la sua passione per i poveri cuccioli smarriti in cerca di aiuto. Era sempre la stessa storia.
    Senza mai abbassare del tutto la mano armata di lente aveva ascoltato le parole biascicate in un inglese abbastanza corretto, seppur con un evidente accento francese, e aveva cercato di assimilarle. Insomma, quella tizia mingherlina stava rischiando di morire per sole quindici Lumie?
    Sbuffando la strascinò in un vicolo lì vicino abbastanza coperto agli occhi dei pochi passanti pericolosi, ma soprattutto dalle telecamere di sorveglianza. Aveva bisogno di riflettere un attimo e di ponderare tutte le varie possibilità. Spingendola contro il muro, in un modo non certo delicato, la costrinse a sedersi su una cassa abbandonata, per poi voltarsi e iniziare a mordicchiarsi la pelle morbida del pollice in atteggiamento riflessivo. Cosa doveva fare?
    Non era certo tornata in città per fare l’elemosina ai mendicanti, eppure non riusciva a fare a meno di pensare che sarebbe valsa la pensa salvare la vita a quella ragazza. Quello che i suoi occhi sembravano urlare disperatamente, seppur offuscati dal dolore fisico che sembrava provare senza neanche che Nao la sfiorasse, era la fortissima voglia di vivere di quella ragazza sconosciuta.
    Una tale determinazione non poteva andare buttata via in quel modo, inoltre era sicura che senza di lei non sarebbe mai riuscita a procurarsi quei soldi. Non in quelle condizioni pietose.
    - Hai detto 15 Lumie?- sospirò voltandosi appena e osservandola con la coda dell’occhio, un po’ epr assicurarsi che fosse ancora viva e un po’ per controllare che non facesse brutti scherzi. Ormai tanto valeva arrivare fino in fondo, no? Non aveva nulla da perdere.
    Almeno non lei.
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    Entrambe le braccia erano ormai in fiamme, ma la sconosciuta non sembrava voler mollare la presa. Fece del suo meglio per non collassare lì, in mezzo alla strada, di fronte alla sua unica speranza, e soprattutto di non distogliere lo sguardo da quegli occhi scuri e preoccupati. Sembrava stare riuscendo ad abbattere le barriere che normalmente distoglievano la maggior parte delle persone dall’aiutare una persona come lei. Malata, stracciona, quasi lebbrosa ai loro occhi.
    Se anche quella tizia l’avesse aiutata per pura e semplice pietà, o per togliersela di mezzo, non le sarebbe importato. Si accontentava di quello che trovava. Non aveva poi tutto questo orgoglio a scorrerle ancora nelle vene. Il fatto che l’avesse praticamente supplicata di darle quei pochi spiccioli poteva esserne benissimo la conferma.
    Mormorò a denti stretti un’imprecazione in francese quando venne strattonata per il braccio, con un’assenza di delicatezza quasi esilarante: non aveva visto che era praticamente una morta che camminava? Per un attimo le sembrò che il braccio sinistro stesse semplicemente per caderle, o polverizzarsi davanti ai suoi occhi: il dolore era talmente forte che iniziò, semplicemente, a non sentirlo più. In un certo senso era un sollievo, e le diede il tempo di riprendere fiato, di calmare il petto scosso da singhiozzi. Ma non durò a lungo, perché l’altra ragazza mollò la presa quando si immisero in un altro dei numerosi vicoli che adornavano quella strada. La spinse contro al muro, e il braccio ora libero riprese a lamentarsi sonoramente. Bene. Dalle stalle alle stelle alle stalle.
    Arline non capiva le intenzioni della ragazza. Se aveva intenzione di aiutarla, non poteva semplicemente darle quello che voleva e lasciarla stare? A meno che non li avesse neanche lei.
    Il volto semi-nascosto dai capelli ricci, imperlato di sudore nonostante le temperature basse e i brividi di freddo che la scuotevano, si corrucciò mentre fissava irritata il suo salvagente bucato. Di orgoglio non ne aveva, aveva già detto, ma farsi prendere in giro stava su un altro piano completamente. Quello, Arline non lo sopportava.
    La tizia le chiese se aveva capito bene, se erano 15 Lumie quelle che le servivano. Mugugnò una risposta affermativa, poi si afflosciò sulla cassa sulla quale l’altra l’aveva posizionata, poco delicatamente tra l’altro. Qualunque cosa avesse fatto quella tipa per aiutarla, o non aiutarla, lei non avrebbe potuto in ogni caso muovere un muscolo. Era completamente a sua disposizione, e iniziava a pensare che quella situazione non avrebbe portato a niente di buono.
    Stato fisico: braccia k.o.; Stato mentale: sospettosa;
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    Edited by Naeli • - 24/12/2013, 16:43
     
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    Annuì in senso affermativo mentre la ragazza le borbottava qualcosa di affermativo afflosciandosi del tutto sulla cassa. Ormai a Nao pareva sempre più chiaro che se non fosse stato per il suo inverte vento la ragazza si sarebbe ritrovata a terra in preda ai dolori lancinanti dai quali era attanagliata.
    Alzò la mano destra, armata di lente, e la posizionò nel modo meno appariscente che trovò all’altezza del proprio viso. Solitamente preferiva utilizzare i propri poteri per altri scopi ma questa volta non aveva scelta. Con la coda dell’occhio osservò il via vai di persone lungo la via, senza smettere di ascoltare il respiro affannato della riccia figura dietro di lei. Infine la vide: una ragazza ben vestita e con uno stupido sorriso da oca sul volto, profondamente immersa in una discussione tramite mezzi digitali, non si sarebbe accorta di nulla, tanto era concentrata.
    Chiuse gli occhi un momento per trovare la concentrazione, mentre provava a visualizzare come in un film l’effetto che avrebbe dovuto ricreare. Una sensazione fredda si impadronì di lei e corse fino al braccio, per poi scendere fino al punto dove la lente convessa aderiva alla sua pelle. Fece una mezza smorfia prima di riaprire gli occhi e puntarli sulla ragazza ormai a una decina di metri da loro. Mosse appena le dita, poi uno strano brillio illuminò la lente mentre la tasca della donna iniziava a fremere, facendo poi uscire alcune monete e facendole cadere per terra.
    Soffocò un urlo trionfante mentre scoccava un’occhiata ai sistemi di sicurezza sparsi là in giro. La cosa più difficile di utilizzare quel genere di tecnica, era proprio lo riuscire a farlo evitando di farsi beccare. Per un attimo fu tentata di lasciare perdere e di andare via, lasciando quella ragazza in balia del suo destino - per quanto la riguardava aveva già fatto anche fin troppo per lei -, ma decise di portare a termine il furto. D’altronde arrivata a quel punto non aveva senso tirarsi indietro.
    Tornò a concentrarsi su quelle monete, ora che le poteva vedere in modo più corretto e preciso, irrigidendo un po’ i muscoli della mano mentre le faceva mettere in piedi ed in fila. Una sensazione di intorpidimento si diffuse per il braccio mentre le faceva ruotare su se stesse in quella direzione scansando i piedi degli altri pedoni. Sebbene potesse sembrare una cosa facile, ci voleva una grande concentrazione per guidare in quel modo quelle monete. Fortunatamente il viaggio fino al suo palmo fu breve. Arrivate ai suoi piedi vorticarono fino alla mano, atterrando con un suono metallico sulla mano coperta dalla lente. Le bastò uno sguardo rapido per capire però che quel gesto non sarebbe bastato, era riuscita a racimolare solo una decina di Lumie. Stizzita passò in malo modo i soldi all’altra ragazza, prima di riprendere a scrutare la strada in cerca di un’altra vittima.
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    Davanti ai suoi occhi, la sconosciuta sembrava finalmente aver capito cosa volesse fare. ‘Bene’, pensò, poggiando il più delicatamente possibile la nuca sul muro ruvido e freddo. La prima crisi sembrava essersi affievolita, e seppur con immensa fatica, Arline avrebbe probabilmente potuto muovere un dito o due tra una decina di minuti. Nient’altro. Il suo raggio di possibilità era sempre più ristretto man mano che passava il tempo.
    Avrebbe dovuto fare qualcosa, far capire alla tipa davanti a lei che non aveva poi tutto questo tempo da perdere. Il processo di decadimento del suo corpo non l’avrebbe lasciata andare via così velocemente, rispetto ai canoni, se non ci fosse stata una seconda crisi in agguato. Era da un po’ che riusciva ad evitarla grazie alle medicine, ma in quel momento? Non era sicura neanche che l’aiuto sarebbe arrivato davvero.
    Decise però di rimanere in silenzio. Vide la ragazza alzare la mano destra, la stessa che le aveva puntato contro qualche minuto prima, e indirizzarla verso la strada trafficata della quale Arline non aveva affatto una visuale decente. In poche parole, di qualunque cosa lei avesse fatto la mutaforma non avrebbe potuto vedere nulla se non il finale.
    Immobile nella sua postazione, non poteva fare altro che aspettare. E osservare. Notò il movimento delle dita della ragazza, la luce fioca della lente rossa che in qualche modo attivava chissà quale potere. Erano presumibilmente entrambe native di Taémpora, e Arline ne aveva viste davvero di tutti i colori, ma si sentiva lo stesso un po’ curiosa. Curiosità che non la fece desistere dal cercare di raddrizzare la propria posizione su quella cassa mezza corrosa dalla pioggia di qualche giorno prima. Curiosità più forte della fitta di dolore che le percorse le braccia e le distorse i lineamenti del volto quando le usò come sostegno per quell’azione così spericolata per una malconcia come lei. Voleva rendersi conto del potere che la sua possibile salvatrice si rigirava tra le dita.
    Un mezzo urlo scappò dalle labbra dell’altra, e Arline sussultò per la sorpresa. Ci era riuscita? La vide tornare a puntare il suo sguardo sulla strada, muovendo impercettibilmente la mano e fissandola in una posizione più rigida.
    Poi notò delle monete rotolare verso di lei.
    – Telecinesi! – Arline quasi sbuffò per l’incredulità. Ciò stimolò involontariamente un altro attacco di tosse, ma sperava quasi che l’altra avesse sentito l’unica parola che era riuscita ad articolare. Persa tutta la determinazione che l’aveva dominata fino a qualche istante fa, non riuscì a prendere al volo nessuna delle monete che la sconosciuta le aveva lanciato addosso, e lasciò che esse atterrassero alla sua destra scompostamente. Il suo corpo continuava a non risponderle, e le bruciava tutto, ma la speranza era tornata a farsi viva nei suoi occhi.
    Stato fisico: braccia k.o., impotente; Stato mentale: stupita;
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    Nei tre minuti che seguirono nessuna preda interessante passò loro davanti. Se doveva rubare Nao aveva intenzione di farlo solo con le persone più facoltose, alle quali un paio di Lumie in meno non avrebbero certo arrecato danni. Ascoltò divertita l’esclamazione di sorpresa della ragazza dietro di lei. Non era la prima che inizialmente scambiava il suo potere con la telecinesi. Il suo era un controllo limitato ai metalli, ma visto l’alta percentuale di quelle molecole presente ormai in praticamente ovunque difficilmente non trovava modo di usare quella sua mutazione.
    L’enorme pancia di un facoltoso uomo d’affari della capitale ne annunciò la presenza ancora prima che potesse vederlo in volto. Bastava scorgere i suoi vestiti con una rapida occhiata per rendersi conto che quel tizio aveva tanti di quei soldi da buttarne. L’attenzione a quel punto ricadde su di lui, ma soprattutto sul rigonfiamento che faceva capolino dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni. Si rimise in posa, stavolta con un obbiettivo un po’ più ambizioso da portare a termine.
    Se si fosse concentrata abbastanza sarebbe riuscita a trasportare assieme alle monete il resto del portafoglio, riuscendo a quel punto ad ottenere un bottino più ricco. La lente brillò di nuovo mentre la sua concentrazione veniva portata lontano, mentre l’immagine delle monete si dipingeva nella sua testa. Allungò il braccio verso l’uomo, una volta che questo fu a pochi metri da lei, come aveva fatto con la signorina di prima. Il familiare intorpidimento del braccio le segnalò che i suoi poteri erano entrati in azione, esultò internamente già pregustando la vittoria, ma bastò quell’attimo di distrazione per compromettere la riuscita di tutta l’operazione.
    Non sostenuto dall’energia che reggeva le monete infatti, nel momento in cui stava per essere estratto dalla tasca il portafoglio fece per ricadere a terra con un tonfo, che Nao riuscì ad impedire in extremis e non con poca fatica. Questo però non impedì ad alcune monete di rotolare giù e di atterrare per terra con un suono metallico. Questione di secondi e quel bestione si sarebbe girato, scoprendo l’inganno.
    Non ebbe molto tempo per pensare, si gettò con un balzo tra la folla afferrando al volo il portafoglio e porgendolo poi all’uomo appena giratosi confuso.
    - Le è caduto questo.- disse in cinese con un tono sottomesso e porgendogli l’oggetto - E queste.- aggiunse poi non vedendolo convinto. A quel punto sul volto grasso dell’uomo si dipinse un sorriso soddisfatto. Afferrò il portafoglio e dopo aver ringraziato girò i tacchi riprendendo la sua strada.
    Tirando un sospiro di sollievo Nao tornò a voltarsi verso il vicolo ed imboccarlo, per poi raggiungere la sua compagna moribonda.
    - Quel deficiente si è fatto fottere.- ghignò tirando fuori un pugno di monete dalla tasca. Era stato semplice tirarle fuori e farle lievitare fino alla tasca una volta che era entrata in contatto con loro e con il portafoglio. Senza volerlo quell’errore si era rivelato più produttivo di un furto andato bene. A giudicare dal numero delle monete sul proprio palmo dovevano essercene almeno una ventina, nella tasca un’altra decina.
    - Bene. Ora abbiamo i soldi.- disse appoggiandosi al muro e guardandola dall’alto in basso - Comprerò le tue medicine, ma ad una condizione: voglio che dopo tu entri nella mia agenzia e che mi racconti perché diavolo sei ridotta così. Ci stai? Se si fammi in un cenno e dimmi il nome di questi farmaci.- completò grattandosi un orecchio con il mignolo con aria apparentemente indifferente.
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    Non passò molto tempo prima che il suo salvagente rattoppato si mettesse nuovamente al lavoro, distogliendo lo sguardo dalla sua misera figura e dedicandolo completamente al suo provvisorio terreno di caccia. Le sembrava molto più sicura di sé di prima, forse grazie al precedente successo. Avrebbe voluto chiederle qualche particolare riguardo al suo dono, ma preferì non aprire bocca. Anche se l’avesse fatto, non avrebbe avuto voce per parlare. Si sentiva la gola terribilmente secca. Ormai in quella condizione forse da troppo tempo, si era quasi abituata al dolore sordo che le scuoteva le membra. Era possibile una cosa del genere? Se anche lo fosse stato, non sarebbe stato per niente un segnale positivo. L’aveva visto in molti film e letto in troppi romanzi. Il sollievo prima della morte. Sperava non fosse il suo caso. Non aveva intenzione di andarsene ad un passo dalla vittoria. Sarebbe stato stupido, uno spreco e basta.
    Come persa nei suoi pensieri, venne ridestata da un movimento brusco della sconosciuta, che improvvisamente si lanciò in strada come se avesse appena visto un forziere pieno di gioielli atterrarle davanti. Ma più probabilmente qualcosa era andato storto. Se ne avesse avuto la forza Arline avrebbe storto il naso, roteato gli occhi, mandato qualche insulto, qualsiasi cosa che potesse fare capire quanto la cosa l’avesse scocciata. Davvero, si atteggiava a grande esperta solo per poi scoprire che aveva il fallimento facile?
    Scoccò un’occhiata alla tipa quando essa fu di ritorno, quella volta con un sorriso vittorioso spalmato sulla faccia. Oh, almeno pareva aver rimediato. La seguì con lo sguardo mentre tirava fuori dalla tasca più monete di quante ne avesse mai viste in una sola volta, minimo 20 Lumie. Più quelle di prima facevano 30, o giù di lì. Più che sufficienti a comprare anche il bis dei suoi soliti medicinali. Girò la testa quel che bastò per continuare ad osservarla mentre l’altra si poggiava al muro, accanto a lei, e riprendeva a parlare. Le sue parole arrivarono quasi ovattate alle sue orecchie, sia per l’inglese veloce e sicuro che parlava sia per la scarsa concentrazione che Arline stessa riusciva a donarle.
    Qualcosa riguardo ad un’agenzia, al suo terribile segreto, bastava quello che procurarle i farmaci che l’avrebbero salvata da morte certa. Era un patto ingiusto, e in altre occasioni si sarebbe neanche tanto garbatamente tirata indietro, ma in quel caso non ci pensò due volte a fare cenno di sì con la testa. Ingiusto, appunto. Era facile estorcere promesse ad una moribonda con la cura come premio finale.
    Non le importava di niente. Stava troppo male. Con un filo di voce le sussurrò il nome degli antidolorifici che era solita prendere, dopodichè si ritirò nuovamente in quell’inferno che era diventato il suo guscio.
    Stato fisico: impotente; Stato mentale: sì a tutto, datele quelle medicine;
    Abilità attiva: --- lvl ---; Skill in uso: ---
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